Lima tra inferno e paradiso. Cosa visitare?
Per la prima volta nella nostra vita abbiamo avuto modo di comprendere che cos’è una megalopoli, nel suo senso più abietto e soave allo stesso tempo, per giunta in una delle città simbolo del Sudamerica, Lima.
Non si è trattato di visitare uno slum o una favela, sorridere a un bimbetto malato e poi svignarsela. Abbiamo vissuto il contesto, quasi sempre dimenticato, di vivere ai margini e non sempre in condizioni di indigenza, a volte per necessità, a volte per passione.
I giorni con Paula, Camila, Jaqueline, Wendy, Padre Amedeo, Sallustio, David (la lista potrebbe continuare all’infinito) sono stati tra i più intensi, divertenti, istruttivi, commoventi di questo nostro grande viaggio. E non ultimo, totalmente inaspettati fino a qualche giorno prima.
Lima contiene un inferno e un paradiso allo stesso tempo e non é chiaro dove sia l’uno e dove sia l’altro perché a volte quello che ti sembrava paradisiaco poi ti sembra infernale e viceversa. Proveremo a descriverli oltre a raccontarvi della nostra magica vigilia e giornata di natale.
Lima: il paradiso
Il paradiso di Lima sorvola l’oceano come se fossimo a Big Sur. Dai centri commerciali futuristici di Miraflores si sente solo il rumore delle onde e qualche sporadica auto di lusso. La luce pregna di umidità sembra quella di una eterna mattina. Al fondo della costa alta e rocciosa i surfisti vanno avanti e indietro su onde maestose e i bagnanti di classi diverse si spartiscono la playa a forma di mezzaluna. Più all’interno, verso San Isidro, comincia la sfilata di caffetterie trendy, residenze di design, club di tennis e grattacieli a specchio.
A Barranco invece, l’anima nera e coloniale del Perù sono intrappolate in una campana di vetro, ma il quartiere, seppur gentrificato, è uno spettacolo di murales e basse casette colorate gentili di cui Chorillos, un poco più a sud, è la propaggine brutta e cattiva.
In realtà il cuore antico di Lima è dalla parte opposta, sulle sponde del Rio Rímac, alle pendici del colle di San Cristobal. Qui si aprono, uno dopo l’altro, gli scrigni delle ricchezze spagnole della Lima capitale reale e si ripercorre la vita di eroi e antieroi della saga peruviana coloniale e cattolica come Francisco Pizarro, Santa Rosa e San Martín de Porres.
Tornare a Villa María del Triunfo dopo un giro nella Lima che conta ha uno strano sapore dolceamaro, come tuffarsi nuovamente nelle viscere della terra, qualsiasi cosa questo voglia dire, nel bene e nel male.
Lima: l’inferno
L’inferno di Lima si trova a Sud, tra Villa Maria del Triunfo e Villa Salvador, dove l’asfalto finisce e comincia lo sterrato. Sembra di stare in Medio Oriente, la costa pacifica peruviana é un immenso deserto di montagne aride e Lima non fa eccezione. In passato nelle periferie sud chi aveva il terreno ha venduto la sabbia e ha costruito case.
Oggi alla base delle montagne non c’è più posto e i poveri provenienti dalle Ande (o dal Venezuela) costruiscono casupole e baracche sempre più in alto, sulla cima dei colli, sfidando la geologia e le catastrofi naturali. La capitale si disinteressa dei “quartieri alti”, é come se non esistessero e le municipalità locali sono corrotte e inaffidabili. Padre Amedeo ci dice che dovunque gira il capo vede case nuove, costruite 2, massimo 5 anni fa. Le montagne sono lastricate di mattone rosso che di notte luccicano come cieli stellati.
Nelle strade principali di Villa Salvador, cumuli di immondizia bruciano senza sosta, l’aria è irrespirabile perché si unisce al traffico insostenibile e agli effluvi del cementificio poco distante.
Il cimitero di Nuova Esperanza, Il campo santo del popolo, è una follia pari a quella che avevamo visto a Manila. Una città nella città, dove, oltre a rituali funerari folkloristici e milioni di lapidi, la gente ha cominciato a costruire case per vivere.
Poco distante, un’altra città nella città, è la zona occupata da Cementos Lima, cementificio immenso che contiene anche un villaggio e decine di infrastrutture.
Eppure non tutto è marcio: Lurin, paesino al confine estremo di Lima, è una meravigliosa oasi di pace. I mercati di Villa Salvador sono ricolmi di frutta, verdura e vitalità. Qui si vive a passo di musica, un sottofondo costante di salsa e cumbia che dona colore alla marcia quotidiana. Il peruviano scherza su tutto, la morte non fa eccezione, e i weekend a Villa Maria sono feste allargate a suon di birra, brome (lo scherzo tipico peruviano) e musica.
Natale a Lima Sur
Al limite potevo pensare di interpretare degnamente un Uncle Scrooge ma mai avrei pensato di dovermi travestire da… Babbo Natale. E invece eccoci qui a raccontarvelo.
Il lavoro che l’anticonvenzionale e divertentissimo padre Amedeo fa in coppia con Paula per aiutare i bisognosi, integrare gli immigrati, soccorrere i malati nel pandemonio di Lima Sur è di una generosità incredibile. Noi abbiamo provato a dare una mano, con i pochi giorni che avevamo a disposizione ma con tanto entusiasmo.
La notte di Natale siamo saliti in mototaxi sulle montagne dei disperati a Lomas, dove la gente non ha nulla se non un tetto cadente e poco da mangiare. Insieme a Camila abbiamo consegnato piccoli doni per i bimbi. Qualche minuto di passaparola e avevamo un intero esercito di ragazzini ansiosi di ricevere un regalo. Si avvicinavano anche dolci nonne che chiedevano un dono da regalare ai propri nipotini.
Il giorno di Natale abbiamo accolto invece una cinquantina di bimbi venezuelani nella parrocchia di Lurin per una festosa chocoladada. L’immigrazione dei venezuelani che fuggono da un paese al limite del collasso sociale, economico e politico è uno dei principali problemi del Perù odierno. Come in tutto il mondo, il problema dell’accoglienza e dell’integrazione è un tema spinoso e il Perù non è esente da atti di razzismo e segregazione. Aldilà di ogni presa di posizione politica o strumentale, il contributo di Camila, Padre Amedeo e Paula è stato semplice e fondamentale: alleviare le sofferenze della nostalgia di casa e dell’indifferenza con una festa di riconciliazione, un “Natale come a casa”.
Dal canto nostro, abbiamo fatto il poco che serviva per poter supportare al meglio questa idea: incartare regali, servire il cibo, travestirsi da Babbo Natale.
Di questi giorni convulsi e trepidanti ho due ricordi che conserverò per tutta la vita:
- gli occhi commossi di una mamma nella tempesta di auto e sabbia della Panamericana Sur mentre allungavo il regalitos alla sua bimba
- gli occhi terrorizzati e affascinati di un bimbo venezuelano che, osservandomi, vedeva per la prima volta babbo natale nella sua vita.