Erbil in Iraq (o meglio Kurdistan Iraqeno)
Lontano di notte fiammeggiano enormi i pozzi di petrolio di Kirkuk, recentemente tornati in mano iraqena. Il caldo è soffocante e l’inquinamento insostenibile. Le periferie della città sono compound dai nomi stellari come atlantic city o titanic e ci sono centinaie di case incompiute perchè quando l’Isis era alle porte, ad Erbil si è fermato tutto. I tassisti parlano solo di politica e ti raccontano di come i loro genitori peshmerga kurdi siano morti per mano di Saddam.


Ma quando si comincia a penetrare nel cuore del città, si rimane ammaliati da una calma e da una serenità che riscalda il cuore. L’ antica cittadella, uno degli insediamenti più antichi del mondo, con una storia di 25000 anni alle spalle (si avete letto bene: 25000), è una di quelle visioni indimenticabili da mille e una notte, nonostante un terremoto del 2017 l’abbia gravemente danneggiata. Qualcuno dice che li sotto si trovi l’oro nascosto da Dario III, prima di essere sconfitto da Alessandro Magno nella battaglia di Gaugamela.
I bazaar hanno l’autentico splendore dei grandi mercati persiani e le sale da the hanno la vivacità di quelle turche. La sera, la gente affolla i grandi parchi in cerca di aria fresca e pulita. Il cibo è strepitoso e unisce in maniera miracolosa la Siria, l’Iran, la Turchia e l’Iraq.
La gente di Erbil o Hewler (il nome originale), che presto vi racconteremo, trasmette una dolcezza, un entusiasmo e una passione sconfinate. Nonostante tutto e tutti, nella bocca di un vulcano che non si sa se e quando esploderà.



ᔕᕼᗩᑫᒪᗩᗯᗩ: il Venerdì del villaggio
A Shaqlawa, qualche decina di chilometri da Erbil, non c’è nulla di particolare a parte un santuario venerato sia da cristiani che da musulmani. Ma il Venerdì, giorno di festa, le strade della città si riempono di gente proveniente da tutto l’Iraq in visita al tradizionale mercato vecchio.
E se qualcuno si immaginava questo paese come un paese desertico solcato da boia incappucciati e donne seviziate in cui il coprifuoco inizia al tramonto, si guardi queste foto.


Il mercato è una grande e variopinta sagra notturna in cui cibo e divertimento la fanno da padrone. Poco distante dalle vie affollate, le famiglie piu tradizionali stendono le loro tovaglie a mo di pic-nic. Si beve the e si mangia, i bimbi scorrazzano per i prati. Gli uomini invece poco piu in alto fumano shisha con una bella vista sulle montagne antistanti.
Shaqlawa è anche soprannominata Shaqluja perché qui hanno trovato rifugio decine di migliaia di iracheni provenienti da Falluja in fuga dalla minaccia Isis. Anche i genitori di Abdulrahman per un periodo hanno vissuto qui. Piano piano si ricomincia a respirare di nuovo. Speriamo la tregua duri a lungo…


Le vite degli altri. Abdulrahman a Erbil
Quando non usa la sua macchina, preferisce muoversi in autostop perché i mezzi pubblici non esistono e dice che i tassisti di Erbil sono noiosi e parlano solo di politica. La verità è che Abdulrahman, che lavora per conto del WHO con i profughi iraqeni, di guerre, strategie e politica ne ha abbastanza e quando torna a casa si gode le piccole gioie quotidiane della vita: musica, amici, un buon gelato, una buona pizza o un buon falafel.


È originario di Falluja anche se la sua famiglia ora vive a Baghdad. È un grande appassionato di viaggi e uno dei suoi sogni nel cassetto è lavorare a Roma per qualche anno, giusto il tempo di scoprire meglio l’italia. Confessa con estremo candore un complesso del sopravvissuto che, con le dovute distanze, assomiglia a quello di Primo Levi: la guerra, al contrario di come ha ridotto il suo paese, gli ha offerto una vita che non avrebbe mai neppure sognato di avere, esperienze internazionali, viaggi, una carriera al culmine, una vita piena.
Il ricordo più bello della sua vita emerge dalle notti più nere di Falluja, al tempo dei bombardamenti americani contro l’Iraq di Saddam nella seconda guerra del golfo. L’elettricità di sera veniva a mancare e Abdulrahman, allora adolescente, saliva con la sua famiglia sul tetto di casa per stare assieme a loro. La mamma stendeva un lenzuolo a terra e accendeva le candele. Abdulrahman ascoltava musica da uno di quei vecchi walkman anni 90 e guardava il cielo. Dice che c’erano delle stellate incredibili a Falluja in quegli anni.
