Tiwanaku: di rovine e rituali
Appena arriviamo con il minivan nel paesino di Tiwanaku, il mio terzo occhio scorge in lontananza qualcosa di strano. Andiamo subito a controllare e rimaniamo di stucco: un manipolo di circa cinquanta locali sta compiendo un rito ancestrale legato alla Pachamama. Gli uomini sono vestiti di mantelli variopinti e cappelli singolari, le donne di gonne vaporose, bombette nere e scialli fluorescenti. Inneggiano in lingua aymara, bevono birra e ballano al ritmo di flauti e tamburi, consumano coca e bruciano beni di consumo in nome della madre terra.
Il momento per noi è commovente perché questi sono i motivi per cui viaggiamo: esplorare le tradizioni millenarie dell’uomo così come quelle del presente. La Bolivia è un paese eccezionale perché ha un orgoglio culturale e una strenua difesa delle proprie tradizioni come non avevamo mai visto fino ad oggi.
Tiwanaku era il centro politico, economico e religioso della “cultura Tiwanaku”, una serie di regni e imperi che ha dominato questa parte del mondo per tremila anni, prima della venuta di Colombo e prima degli Inca. Quello che rimane della cittadella, dopo essere stata vilmente saccheggiato e distrutto dagli Spagnoli, è comunque inestimabile: monoliti, una base di piramide, un tempio sotterraneo e la famosa puerta del sol, i cui rilievi rappresentano un calendario religioso e astronomico (i Tiwanaku erano incredibili astronomi).
Lago Titicaca: il nostro tetto del mondo
Mentre rollavamo sul tetto della piccola barchetta in direzione Isla del Sol, ad un certo punto, Dora, una signora boliviana di Santa Cruz, esclama entusiasta: “guarda, è immenso, non si vede la fine”.
Ho provato una gran compassione ripensando al fatto che, al termine di una serie di guerre fratricide, successivamente alla liberazione coloniale sudamericana, la Bolivia che era un gigante, perdette qualsiasi sbocco sul mare a favore di Cile e Perù.
La signora però non aveva così torto: il lago Titicaca, il più alto del mondo, è davvero immenso e incantevole. Spiegare la sua bellezza è difficile, credo che in foto non renda molto perché conserva una raffinatezza discreta, fatta di piccole cose: gabbiani suadenti, colline vellutate di un colore scuro indefinibile, meravigliose rovine inca, fiori variopinti e perché no? la trucha a la plancha. E poi c’è Copacabana (che dà il nome alla più famosa spiaggia di Rio de Janeiro), con la fastosa cattedrale della Vergine la principale metà di pellegrinaggio dell’intera Bolivia.
Infine c’è una sensazione che ti rimane addosso, quella di cui tutti parlano quando visitano il lago. Le nuvole basse che si specchiano sull’acqua, il cielo vicino e un silenzio placido, meditativo: la sensazione di essere sul tetto del mondo.