Tutti ricordano che quando alle scuole elementari era contemplata la Geografia si studiava la “cartina fisica” dell’Europa e la maestra sottolineava tra le varie caratteristiche territoriali i fiumi più lunghi. Parlando di corsi d’acqua ci sottolineava che il più lungo della penisola iberica era il Tago. Nasce nel cuore della Spagna, in Aragona, attraversa il Portogallo da est a ovest e inchinandosi con riverenza al monumento dei grandi navigatori portoghesi a Lisbona si tuffa nell’Atlantico.
Ed e proprio quando varca il confine portoghese che acquista la sua identità lusitana e si tramuta nel misconosciuto Tejo, dando il nome alla regione che sta a sud del suo percorso, l’Alentejo. E in questa regione trova ambientazione uno dei grandi romanzi di Jose Saramago: Una terra chiamata Alentejo
L’autore: Jose Saramago
Jose Saramago è stato narratore, poeta, drammaturgo e giornalista, premio Nobel per la letteratura nel 1998. Tenace oppositore del regime di Salazar, venne molto spesso censurato nella sua attività giornalistica e conobbe il successo internazionale negli anni novanta con “Storia dell’assedio di Lisbona” e “Cecità”. Estremamente ruvido il suo rapporto con la chiesa cattolica, si è sempre professato ateo e all’uscita de il “Vangelo secondo Gesù Cristo” scelse di trasferirsi nelle isole Canarie a causa della censura imposta sul libro dal governo.
“…la cosa difficile è separarle le une dalle altre, proprio come succede con le parole, una parola non viene mai da sola, perfino la parola solitudine ha bisogno di qualcuno che la soffra”
Una terra chiamata Alentejo, Jose Saramago
Il libro: Una terra chiamata Alentejo
Una terra chiamata Alentejo racconta la vita di quattro generazioni della famiglia Mau-Tempo. Una famiglia di umili contadini che subisce la violenza, le sconfitte e la miseria di quel “mondo” chiamato latifondo ma che nonostante tutto non si priva di passioni, di lotte e di aspirazioni.
Ci troviamo quindi in una situazione di repressioni e di scioperi, di lotte contadine e di giorni di riscatto accompagnati dai mutamenti storici del Portogallo. Dalla nascita della Repubblica alla dittatura di Salazar fino alla rivoluzione dei garofani, fatti che si contrappongono alla dura vita sempre uguale, alla perpetua sconfitta e umiliazione che si vive nel latifondo. Latifondo che nonostante i cambiamenti politici che lo circondano sembra rimanere un pianeta a sé stante, un’immensa bolla di immobilità raccontata in maniera toccante da Saramago e che in molti passaggi fa stringere il cuore. Saramago ci fa sentire il peso dei debiti e delle malattie, la crudeltà della fame, ci permette di vedere quel contadino che all’ennesimo sfratto carica il carretto con del mobilio scadente ma che per lui rappresenta tutto e con decoro parte alla ricerca di una nuova sistemazione in quella terra di colline aride e inospitali.
“Nessuno li ha mai visti con una cordicella che tenesse legati i loro polsi, certe cose non si vedono, ma esistono.”
Una terra chiamata Alentejo, Jose Saramago
Sconvolgente è il finale, quando i morti si accompagnano ai vivi verso le terre occupate e la lettura si eleva in un ambiente onirico, allietante.
Un romanzo potente e che in alcuni tratti fa “stare male”, che cerca di nobilitare e premiare nella loro umile sostanza gli “ultimi” e di condannare gli sfruttatori e tutto il loro entourage. Un romanzo dal chiaro sfondo politico, condivisibile o meno, ma dal grande significato umano che sta racchiuso nella parola dignità.
Buona lettura!
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