[Day 179] Nukus: le luci dell’arte nella notte del ‘900
Oltre le grandi città sulla via della seta, oltre i campi di cotone, oltre il deserto, oltre l’Uzbekistan, nella minuta capitale di una repubblica chiamata Karakalpakstan si trova un museo incredibile, un tesoro inestimabile a migliaia di chilometri dalla contemporaneità. Un museo d’arte!
Igor Savitsky, etnografo moscovita, si era stabilito a Nukus nel Karakalpakstan negli anni 50 e qui ha vissuto fino alla sua morte avvenuta nel 1984. In 34 anni ha costruito una collezione che sa di miracoloso: oltre ai reperti archeologici dell’antichissima civiltà Corasmia e i manufatti delle tribù nomadi del Karakalpak, Savitsky ha raccolto più di 90000 opere di artisti dell’avanguardia russa e dell’ Asia centrale, dipinte nel periodo del realismo sovietico e del terrore stalinista che sarebbero andate perdute per sempre.


Solo dopo la metà degli anni ’80 è stato dato il giusto riconoscimento ad un uomo che ha sfidato l’impero sovietico ed è morto povero in canna, dedicando una vita intera all’arte e agli artisti.
Abbiamo visitato il museo in un tiepido pomeriggio di inizio autunno. La collezione è una esplosione di colori, di sperimentazioni e di sferzante immaginazione. Molti degli artisti sono stati deportati nei gulag o sono morti nei campi di prigionia, quasi tutti sono stati perseguitati, umiliati o mandati al confino.
Nella fredda e nera notte del novecento una miriade di luci si agitava sotto il deserto remoto di Nukus.


