Khorog, Pamir e Tajikistan
[Day 155] Da Pechino Express a Overland il passo è breve
Attraversiamo il Pamir da Murghab a Korogh su un tir di simpatici pamiri. Il tir fa parte di una spedizione di tre camion che deve andare a Dushanbe, un viaggio durissimo che può durare fino a 24 ore su sterrati pieni di buche e asfalti sollevati come fossero onde del mare su altopiani alti intorno ai 3000/4000 metri.

Noi ci fermiamo a metà strada ma tanto basta per uscirne alquanto affaticati. Il nostro tir lungo la strada deve consegnare “kozel” e “korova” che poi scopriamo essere tre capre e una mucca, oltre ad una pila di tavole di compensato. Oltre agli autisti viaggiavano con noi intere famiglie di amici o parenti tutti diretti a dushanbe e tutti (credo) contenti di averci a bordo. Ci fermiamo poco prima del tramonto a bere del thè e mangiare frutta a casa di loro amici e come al solito veniamo riveriti come ospiti d’eccezione.
Certe volte le migliori lezioni sulla cultura di un paese le danno questi lunghi viaggi improvvisati sul momento.
[Day 156] Sorrisi Tajiki, sorrisi Italiani a Khorog e dintorni
Khorog è la citta piu grande del Pamir. Si sviluppa lungo un fiume ed è incuneata in una valle strettissima di circa 1 km di larghezza ed è circondata su tutti e quattro lati da montagne attorno ai 4500 m, tre delle quali sono in Tajikistan e una in Afghanistan.
Siamo capitati nel giorno dell’indipendenza del Tajikistan e per giunta di domenica in un pomeriggio assolato e quieto.
Al parco si sta festeggiando un matrimonio (forse un aperitivo o un post pranzo) con balli vivaci e grande gioia.


Guardo le facce degli invitati e mi rendo conto che non riuscirei a distinguere le loro dalle nostre; se non fosse per la musica pamiri potrebbe essere un matrimonio italiano. Mentre kazakhi e kirghisi sono facilmente riconoscibili con i loro lineamenti a metà tra mongoli e cinesi, i tajiki sono completamente diversi e ci somigliano enormemente. Paradossalmente saprei riconoscere un matrimonio sloveno o tedesco o austriaco da uno italiano ma non uno tajiko: con quale misterioso arcano è stato possibile che l’uomo diventasse così simile a se stesso a 5000 km di distanza e così diverso a 300 km dopo decine di migliaia di anni di storia?
Probabilmente gli antropologi hanno già risolto da tempo il mistero, a me fa solo riflettere quanto poco conosciamo l’evoluzione dell’uomo a livello di sentire comune.


Le vite degli altri: il sorriso di Zuhal a Khorog
Zuhal è una delle persone più speciali che abbiamo incontrato in questo viaggio e lo avevamo capito fin da subito.
In uno dei nostri classici momenti di incomprensione da viaggio, io e alle stavamo più o meno litigando lungo il ciglio della strada indecisi su come uscire da Khorog. Questa incredibile e determinatissima diciottenne, ci vede e ci chiede se avessimo bisogno di aiuto e ci invita a casa sua.
Noi decliniamo gentilmente l’invito, più che altro per non abusare della gentilezza locale. Ricominciamo a camminare e a scannarci, forse dovevamo accettare l’invito di Zuhal pensiamo, e dopo 20 minuti proviamo, delusi da noi stessi, a tornare in centro a Khorog totalmente disperati. Eravamo già dentro al taxi quando Zuhal ci apre lo sportello e ci dice: ma dove state andando? Volete venire a casa mia? Era tornata a casa ma poi, aveva preso un taxi e ci aveva raggiunto di nuovo per salvarci da noi stessi. Ora non potevamo far altro che accettare l’invito con immensa gioia.

Zuhal ha iniziato il primo anno di medicina da poco e ha un sorriso che ti taglia il cuore. Suo papa è morto due anni fa in un incidente stradale e ora vive con sua mamma e con una delle sue cinque sorelle, non ancora sposata. Gira per korogh con una sicurezza incredibile, come se avesse almeno il doppio dei suoi anni. A volte ha lo sguardo assente come se fosse tormentata da qualcosa. Doveva andare a studiare in america (come tentano di fare molti pamiri che vogliono emigrare) ma, dopo aver passato tutti gli esami, la famiglia che doveva ospitarla ha deciso di non volerla, senza un motivo preciso. Ora vorrebbe andare in Pakistan o forse in India a fare il medico. Il suo sogno era diventare giornalista ma poi ha deciso di seguire le orme della mamma dottoressa. Ha un inglese portentoso e non è chiaro come abbia fatto ad allenarlo considerando che qui non c’è wifi e poca televisione satellitare. Ora insegna agli anziani del villaggio le basi di inglese. Tutti qui nel Pamir vanno pazzi per l’inglese perché dà la possibilità di interloquire con i turisti, cosa che inorgoglisce molto i locali. In queste zone basta un “hello” o un “how are you” per ricevere sorrisi grandi come una casa. Zuhal ci insegna le basi della lingua Tajika e della lingua Shugnhi, noi gli insegniamo qualche parola in italiano. Gli chiediamo come mai qua nel pamir sono tutti cosi ospitali. “Spirito di accoglienza” dice. “Io nello specifico seguo quello che mi diceva sempre mio papà quando ero più piccola: se vediamo un turista, parliamoci, portiamolo a casa e trattiamolo come un ospite.”
Per noi è l’ultimo giorno nel Pamir e Zuhal ci accompagna al parcheggio degli shared taxi e ci aiuta a prenotare due posti per Dushanbe.
Salutarla è come abbracciare con una commozione straziante, un intero popolo 💕


Le vite degli altri: Nargiz e tutti gli uomini del presidente a Khorog
Mai ci era capitato di viaggiare in un paese con un culto della personalità cosi forte come in Tajikistan. Il presidente Emomali Rahmon, in carica dal 1994, è tappezzato su qualsiasi edificio pubblico e su qualsiasi strada. Casualmente capitiamo a Korogh proprio nei giorni in cui il presidente è in visita ufficiale nella regione del Gorno-Badakshan. I rapporti tra presidente e GBAO sono burrascosi fin dai tempi della guerra civile, i pamiri hanno una cultura loro e una lingua loro completamente differenti dal Tajikistan e le rivolte contro lo stato centrale sono comuni.
Nargiz è a Korogh anche per questo motivo: è la figlia del direttore artistico del presidente, in pratica quello che gli prepara le musiche e i balletti per gli spettacoli. È tanto semplice quanto generosa e facciamo subito amicizia, dopo due minuti ci regala due braccialetti e ci fa vedere tutte le foto della sua famiglia. Con lei entriamo in una specie di “grande bellezza” tajika: conosciamo il ministro dell’istruzione del GBAO, il ghostwriter ufficiale del presidente e una selva di attori e cantanti famosi in Tajikistan che sono qui tutti per assistere il presidente. Anche Nargiz dovrà recitare un monologo umoristico per lui.

Ci offrono una cena super opulenta in un ristorante che di solito viene usato per i matrimoni: una sala gigante di cui solo due tavoli sono occupati. Torniamo in albergo con un SUV enorme dai vetri oscurati.
Non aspetto altro che di vedere l’indomani lo spettacolo per il presidente, ma sfortunatamente Rahmon accusa un malore e salta tutto. La mattina seguente riparte in aereo verso la capitale e, per il tragitto dall’hotel all’aeroporto, Korogh si trasforma in assetto da guerra: 40 cecchini sulle montagne per sorvegliare movimenti strani e lungo i 5 km di strada principale ci sono poliziotti ai lati delle strade ogni 10 metri. Quindi elicotteri, carri armati, camionette e altri mezzi blindati. È previsto anche uno spettacolino di arrivederci per il presidente all’aeroporto. Smanio dalla voglia di vederlo e chiediamo a Nargiz se vuole venire con noi all’aeroporto. Acconsente ma impiega due ore per truccarsi: nel frattempo vedo passare il corteo presidenziale composto da 20 macchine proprio sotto la finestra dell’hotel… accidenti mi sto perdendo il presidente! Corro verso l’aeroporto in fretta e furia ma Rahmon è già volato via. Ci siamo persi un bell’ appuntamento frugale con la storia.

