Valle del Wakhan in Tajikistan
[Day 157] La valle del Wakhan: la vera accoglienza è al confine con l’Afghanistan
La Wakhan valley è un posto leggendario: verdeggianti pascoli e picchi innevati, miniere di gemme preziose, sorgenti di acqua minerale e termale che sembra siano in grado di curare qualsiasi male, fortezze decadute da duemila anni, strade che si inerpicano sulle montagne, il fiume Panji che scorre impetuoso a dividere Tajikistan e Afghanistan.
Durante i primi primi minuti di macchina il cuore sale in gola ad osservare a meno di un 1 km di distanza persone e jeep sul lato afghano ma poi viene fuori quella che è la vera leggenda wakhani (più che leggenda: realtà): l’ospitalità dei locali.
Non c’è altro paese in cui abbiamo viaggiato in cui siamo stati accolti con tanto calore, a parte forse certe zone dell’India e l’Iran. Pensare che doveva essere solo il paese delle minacce terroristiche e degli attentati.
Farhod ci racconta che qualche tempo fa è stato avvicinato da un turista tedesco, uno studente universitario. Voleva mangiare ma non aveva soldi o non era disposto a dare soldi. Farhod è stato ben contento di sfamarlo e anche di ospitarlo a casa sua come ha fatto con noi nonostante il suo stipendio si aggiri intorno alle 50 euro al mese. Una volta ripartito il turista tedesco non solo non si è fatto più sentire ma non ha più risposto alle chiamate di Farhod che voleva solo sincerarsi sulle sue condizioni.
Proviamo ad invertire le parti: se un tajiko venisse in Germania (o italia o francia o spagna fa lo stesso) e chiedesse qualcosa da mangiare senza pagare, come verrebbe trattato? Non sto parlando di immigrazioni clandestine o richieste di asilo (discorso piu complesso) ma di semplice turismo. Ad esempio il nostro amico kazako Sasha ha faticato tantissimo nel trovare un couchsurfer disposto ad aiutarlo in italia, stessa cosa vale per l’autostop, oramai illegale nel nostro paese.
Dopo anni di celebrata democrazia europea come abbiamo potuto sprofondare cosi in basso in termini di solidarietà? Da dove nasce questa diffidenza nei confronti del prossimo?
Dal terrorismo islamico? Non credo: il tajikistan ha subito un attentato a fine luglio e due pescatori locali sono stati uccisi sul confine afgano appena due settimane fa. Una guerra civile devastante li ha decimati poco più di venti anni fa. Eppure continuano ad offrire quel poco che hanno a chiunque ne abbia bisogno.
Sarà forse che, a diventare abbienti e autonomi, ci siamo dimenticati il valore della parola aiuto?
Le vite degli altri: il nostro nuovo amico Farhod nella valle del Wakhan (di autostop, camion e capre morte)
La storia di come abbiamo conosciuto Farhod è davvero singolare.
Stavamo facendo autostop nella Wakhan valley e all’improvviso si ferma un simpatico vecchietto (il papà di Farhod) su una vecchia jeep in compagnia di un giovane e due agnellini che ci carica senza pensarci. Poco dopo ci accorgiamo che l’auto sta seguendo un camioncino carico di capre e mucche, sostanzialmente una transumanza a motore.
Procediamo qualche chilometro salvo poi fermarci improvvisamente: una mucca ha ucciso una capra schiacciandola dentro il camion. Ed ecco che facciamo la conoscenza di Farhod! È lui l’uomo che tira fuori il coltellaccio, sgozza la capra per dissanguarla e ne infila i resti nel bagagliaio della nostra auto.
Il papa di Farhod ci invita a dormire a casa sua e conosciamo l’intera famiglia. Sono di una ospitalità e di una generosità davvero incredibili. Farhod è laureato ed insegna inglese alle scuole medie del villaggio di Namangut per soli 50 euro al mese. Vorrebbe andare in america e sono 4 anni che tenta la fortuna con la green card senza successo. Non nasconde che in Pamir si viva bene ma i salari sono talmente miseri da essere offensivi. Ciò che mi stupisce di lui è questa sua perfetta unione di un’anima più pragmatica e contadina e di una più culturale e spirituale: non è da tutti saper sgozzare una capra e saper raccontare la storia delle fortezze wakhani di duemila anni fa. E poi c’è il suo lato più tenero, questo suo dedicarsi corpo e anima alla conoscenza degli ospiti.
Ripartiamo il giorno seguente, marchiati da questa generosità quasi inspiegabile. Cosa rende queste persone cosi positive nei confronti degli stranieri? Più i posti sono remoti, più l’ospitalità è maggiore, come se questi popoli comprendessero meglio di altri cosa significa avere bisogno di aiuto quando si è da soli in un ambiente ostile.