Samarcanda, la leggenda dell’Uzbekistan
[Day 171-172] Fino a Samarcanda io ti guideró
Come ve la immaginate Samarcanda? La terra di Tamerlano e della via della seta, il sogno remoto per eccellenza come raccontato anche dalla celebre canzone di Vecchioni o le foto su instagram che ritraggono la magnificenza celestiale del Registon o della Bibi-Khanum.
Ok, ora svegliatevi che vi raccontiamo com’è veramente. Se dovessimo descriverla come fosse un tessuto direi che la Samarcanda di oggi è un 50% Illinois, 40% provincia sovietica, 5% Las Vegas e 5% Disneyworld.
Non saprei neanche se definirla città o un immenso cantiere dalla planimetria stravolta. Il tessuto urbano è totalmente saltato, tra la moschea Bibi-Khanum e la moschea Hazrat-Khizr c’è una autostrada a 6 corsie e attorno al Registon ci sono parchi e mura alte 4 metri. Dentro alle madrasse dilagano i souvenir shop. È tutto bellissimo ma nuovo di zecca: tutti gli interni e gli esterni di qualsiasi “attrazione” sono in costante rifacimento e la “zona monumentale” è stata ripianificata sulla base delle esigenze dei turisti ottantenni occidentali: bus, foto, bus, foto. Non mi stupirei se fra qualche anno creassero un bel parcheggio per corriere dentro al chiostro di qualche moschea. In periferia invece la città sta andando incontro alle esigenze dei locali: palazzine in mattoncini colorati e quartieri che sembrano usciti dalla Stars hollow di “una mamma per amica”.


Intendiamoci: non ho nulla contro il nuovo però non posso sentirmi chiedere dalle guide locali se sento il “potere o lo spirito di Tamerlano”, perché quello non esiste più. Ne posso però apprezzare il gusto estetico e le capacità mirabolanti degli artigiani di ieri e di oggi.
Detto questo ci sono almeno due posti che valgono il prezzo del biglietto per venire fin qui da ogni parte del mondo in cui siate.
Il primo è il complesso di Shah-i-Zinda. Non ci sono turisti o souvenir shop che tengano: l’ insieme dei mausolei timuridi é uno dei luoghi più spirituali di tutta l’ Asia centrale. È un posto che emette una luce senza tempo ed è di una bellezza rara.
Il secondo è ciò che rimane del vecchio quartiere ebraico, recintato da mura alte 4 metri per occludere questa “nefandezza” alla vista del turista di turno. Venite qui se volete vedere brandelli della Samarcanda che fu.
PS: come ve lo immaginate il testo della canzone di Roberto Vecchioni? Un violino gioioso e un ritmo frenetico, grandi danze popolari, “ridere, ridere, ridere ancora”.
Ok, ora svegliatevi e leggete attentamente tutto il testo della canzone.



Le vite degli altri: Oybek a Samarcanda
Se c’è un modello di uomo più distante da me, questo si chiama Oybek e vive a Samarcanda. Ed è forse per questo che lo abbiamo assunto come accompagnatore, perché francamente, come guida turistica non è proprio il massimo.
Oybek è un ragazzotto di 23 anni, spigliatissimo e alla moda, divertente e cinico, uno yuppie uzbeko. Ha studiato per un anno finanza a Londra, ma “lì la gente non vive, sopravvive” ed è quindi tornato a Samarcanda per fare la guida turistica. Lo conosciamo al ristorante “standart”, dove suo papà ha affittato tutto il locale per il suo compleanno. Per noi non c’è posto ma Oybek ci piazza in un tavolo come “ospiti” imbandito di cibarie, vodka e dessert: c’è da mangiare come minimo per 8 persone nel nostro tavolo. Opulenza, divertimento, musica, bevute, questa è la Samarcanda del 2018, una città che vive una euforia impressionante. La storia e l’arte di Samarcanda sono il petrolio da cui i locali attingono per finanziare il loro stile di vita, sono i vecchiardi francesi, tedeschi, italiani e spagnoli che arrivano a frotte a pagare gli stipendi alla popolazione.


“Non pensi che questa selva di souvenir shop dentro alle moschee e alla madrasse di Samarcanda rovinino un po lo spirito antico della città?” Chiedo ad Oybek. “Di sicuro” risponde lui “ma, sai, questi si chiamano soldi”.
Non è solo la Samarcanda antica che sta scomparendo ma anche quella recente: ci sono interi quartieri distrutti e già ricostruiti negli ultimi 4/5 anni. “Fra 10 anni sarà tutto nuovo” dice Oybek “ci saranno casinò, pub e discoteche, quello che serve alla gente per divertirsi”.
La mezza giornata con Oybek, nonostante sia stata un tantino costosa (la sua parcella equivale ad 1/6 dello stipendio di un uzbeko che non lavora nel turismo) è passata via veloce tra scherzi reciproci e benevolenza. Probabilmente gli siamo sembrati un pò matti ma anche lui deve essere un bel tipetto stravagante. Mi piacerebbe rivederlo tra 10 anni e osservare cosa ne è stato di lui. E di Samarcanda.


