Khiva, il sogno da mille e una notte dell’ Uzbekistan
[Day 177 e 178 ] Mille e una notte, a Khiva
La terza gemma della classica rotta turistica sulla via della seta si chiama Khiva. Altro giro, altra giostra. Khiva è indubbiamente un posto incredibile, un set cinematografico da “deserto dei tartari”. Difficile immaginarsi come potesse essere nel passato considerato che la via principale è invasa dai souvenir shop e gli hotel sono numerosi. Eppure basta camminare lungo le mura perimetrali, inoltrarsi nelle vie più strette per osservare le case in adobe e salire sui minareti per avere una visione piu efficace ed emozionante.
Tra il XVI e il XIX secolo, Khiva rivaleggiava con Bukhara per fastosità e splendore, ricchezza accumulata soprattutto con il commercio di schiavi.


Oggi non ha la vitalità di Samarcanda, né il fascino di Bukhara, ma conserva le esequie del passato come un mock-up, come se avessero ibernato i tempi d’oro del khanato di Khiva, degli emiri e dei mercanti e avessero poi deportato i suoi abitanti.
Rimangono i soliti problemi di questo paese che ha un turismo vecchio stile, pigro e plasticoso e appena si esce dalle attrazioni turistiche si apre una voragine di nulla. Non ci sono piu neanche le montagne a sollevare l’animo, sembra che l’Uzbekistan viva solo da Samarcanda in giù fino alla Fergana. Anche Urgench, città “industriale” vicino Khiva, nonostante qualche vibrazione positiva manca di un vero appeal.
Noi saliamo, saliamo ancora, verso nord-ovest, verso il deserto, verso un lago che era grande come un mare e che ora non esiste più.


