Da Sary Tash a Murghab passando per Karakul in Tajikistan (prima e seconda parte)
[Day 150] Due giorni di ordinaria follia da Sary Tash (Kyrgyzstan) a Murghab (Tajikistan) – prima parte
Stiamo bevendo del the caldo nel casottino dove vivono i militari alla frontiera tajika, poco piu avanti di Kyzyl-Art a 4200m. Con noi ci sono quattro gentilissimi militari, qualcuno sdraiato sul proprio letto, qualcuno siede vicino a noi. Niente paura, non siamo stati arrestati. Il taxi che ci aveva tirato su a sary tash ci ha accompagnato fino al confine e ora dobbiamo trovare un mezzo con cui procedere oltre. Ma mezzi non ne passano, di solito varcano il confine una 20 di persone al giorno ma 15 di queste sono cicloturisti. “Mi sa che stanotte dovrete dormire con noi” scherza uno dei militari e l’idea non è poi cosi bislacca. Passa una macchina di turisti polacchi ma sfortunatamente il giorno d’ingresso nel paese dichiarato nel visa è domani e quindi devono tornare indietro. La frontiera di Kyzyl-art è una delle piu assurde che abbia mai visto: in mezzo a montagne mozzafiato ci sono due cisterne da trasporto benzina vuote adibite a stazioni di sorveglianza, un edificio mezzo distrutto e dei container. Una roba da videogame sci-fi.
Dopo due ore riusciamo ad ottenere un passaggio fino a Karakul da una jeep tajika che faceva da accompagnamento ad una spedizione tedesca di ciclisti e che ora, finito il tour, deve tornare indietro. Il tipo tajiko in macchina è molto simpatico e parla un ottimo inglese, si lamenta tutto il tempo di quei tedeschi, delle loro fissazioni e del loro modo di guardarti dall’alto verso il basso. “Gli italiani sono i migliori: sorridono sempre, poi li fai mangiare e sono subito contenti” Noi ce la ridiamo e concediamo una timida solidarietà. Il paesaggio è stupefacente, montagne che sembrano sciogliersi e ampi deserti bruni, una vastità che ti toglie il fiato. Arriviamo a Karakul sani e salvi ma manca ancora molto alla meta finale: Murghab.
[Day 151 e 152] Due giorni di ordinaria follia da Sary Tash (Kyrgyzstan) a Murghab (Tajikistan) – seconda parte
Zahir è la perfetta introduzione al tajikistan. Ha la mia stessa età ed ha questo spirito romantico old school e questa tenerezza di fondo che non gli si può non volere bene. Era la guida ciclista dei famigerati tedeschi e anche lui rilancia il carico dicendo che si è sentito offeso dalla loro arroganza. Oltretutto ora deve tornare in qualche modo a casa sua, a Khorog, 144 chilometri da Karakul, dove pernotteremo: decide quindi di unirsi a noi in un arduo tentativo di autostop. Zahir lavora anche come volontario in un centro per anziani e conosce bene la storia e cultura tajika: ci parla delle differenze tra musulmani ismaeliti e sunniti nel paese (i primi popolano il pamir, i secondi il tajikistan occidentale), del rischio di fondamentalismo islamico, della guerra civile tra il 92 e il 95 e il conseguente isolamento del Gorno-Badakshan, degli investimenti ed elargizioni dell’Aga khan in Pamir.
Siamo a cena con lui e Sasha, motociclista bielorusso ed è incredibile notare quanto lui e Zahir abbiano in comune: siamo in tajikistan eppure Zahir fa fatica a parlare con i locali perché parlano solo kirghiso ma con Sasha che si trova a 10000km di distanza è come se si fossero sempre conosciuti: potenza dell’imperium sovietico. Dal canto nostro invece, il commissario Cattani aka Michele Placido è la solita arma segreta per intenerire gli ex-sovietici di tutto il mondo.
L’autostop si prospetta impossibile: dalle 3 del pomeriggio fino alle 12 di mattina del giorno successivo passa una sola macchina ma è piena. A karakul non c’è corrente elettrica, non c’è acqua corrente e non c’è connessione telefonica. Zahir decide di abbandonarci e tenta di tornare a casa in bici, alle ha problemi di stomaco. Rimango io come un pirla ad attendere una macchina sul ciglio della strada mentre leggo “Imperium” di Kapuscinski nel mezzo del nulla: la depressione sovietica è quindi doppia.
Poi, in maniera inaspettata, verso le 12:30, compare una jeep verde scuro.
Ma questa è un’altra storia…