[Day 106 to 110] Kerala, una nuova famiglia
Il Kerala è un bignami del mondo, un pò come l’Italia.
Poche centinaia di chilometri separano i suadenti canali delle backwaters di Kochi e Allapuzha e le montagne e le piantagioni di the di Munnar e Wayanad. In mezzo la natura si prende quasi tutti e spesso i villaggi sono invisibili, assediati da una giungla foltissima. Kochi ha la eleganza e la personalità di una città occidentale ma ne aggiunge il fascino esotico dell’India.
Per noi è stato un vero e proprio temporaneo ritorno a casa e non lo avrei mai detto prima di venire qui che, nell’india più profonda e tropicale, avrei trovato casa. 15 giorni prima di tornare, nel momento più inaspettato, abbiamo mollato gli ormeggi e ci siamo lasciati trasportare dalle persone. Josè e tutta la sua famiglia e tutti i suoi vicini, nonostante il gap culturale, sono stati straordinarie guide per tornare a… casa, l’unico posto di cui non ci si potrà mai dimenticare.
Il Dio delle piccole cose
Non so chi di voi ha letto “il dio delle piccole cose” di Arhundati Roy, un libro indiano famoso e bellissimo.
È ambientato in Kerala e aldilà dei molti livelli di lettura sociali, storici, politici e psicologici che gli si possono dare, ce n’è uno molto naif e quasi istintivo, il grado di separazione tra una natura maestosa e silenziosa e l’umanità piccina e litigiosa. Ci sono solo due o tre passaggi topici nel romanzo in cui questa distanza si appiattisce, in cui l’armonia, per così dire, viene ritrovata.
Il primo impatto con il Kerala più profondo (esclusa la sortita a Wayanad), guardando dalle porte aperte di un treno in corsa alle 7 del mattino, mi ha regalato proprio quella sensazione che avevo già provato leggendo l’incipit del libro e quei “corvi neri che si rimpinzano di manghi lucidi sugli alberi verdepolvere, immobili”. Credo di essere stato in armonia con la natura anche io, giusto qualche decimo di secondo, ma va bene così.