Se dovessi scegliere due viaggi che mi hanno cambiata in maniera profonda e irreversibile sarebbero il viaggio in Iran del 2015 e quello che abbiamo intrapreso quest’estate e che ci ha portato ad attraversare due dei quattro Kurdistan: la regione autonoma del Kurdistan iracheno in Iraq e il sud-est della Turchia, ovvero il Kurdistan turco, che non esiste e non dovrebbe nemmeno essere nominato.

Questo viaggio (più degli altri) non può in nessuna maniera essere semplificato in una lista di cose da vedere e da sapere. Si tratta di una destinazione che ci mette a confronto con tutti i nostri pregiudizi sul medio oriente, sull’Islam e anche ad una complessità geopolitica tale che l’approfondimento richiede tempo e volontà.
Quanto scrivo in questo post, è basato sulla nostra esperienza personale – vissuta nei mesi di luglio e agosto 2019 e quindi aggiornata a quello specifico momento storico. Se state pensando di organizzare un viaggio in questa zona è di fondamentale importanza che vi informiate sui media internazionali. Non deve essere assolutamente considerato come un invito al viaggio, ma piuttosto alla riflessione.
Il Kurdistan Iracheno è un’area sicura dove viaggiare?
Non serve un esperto di geopolitica per capire che queste sono zone calde a livello politico. Tutti abbiamo sentito parlare della guerra civile in Siria, della nascita dello Stato Islamico sul territorio Iraqeno, di Kobane e del triste destino toccato alla minoranza degli Yazidi. Almeno per sentito dire sappiamo che questo è stato l’occhio del ciclone negli ultimi 10 anni.

Quello che non molti sanno è che il Kurdistan Iracheno pur essendo al centro di questa tempesta perfetta è stata per tutto questo tempo un’oasi di pace, tanto che l’ONU e tutte le ONG hanno potuto insediare qui i loro uffici, molti rifugiati hanno trovato un porto sicuro e la vita ha continuato a scorrere tutto sommato pacificamente. Nel 2018 Erbil, la capitale del Kurdistan Iracheno, è stata nominata una delle 5 città più sicure del mondo. Sorprendente, vero?
Durante la nostra permanenza non abbiamo avuto alcuna percezione di pericolo, tanto che abbiamo spesso fatto autostop su consiglio del nostro Couchsurfer per muoverci sia a Erbil, che in due occasioni fuori dalle città nei tratti Rawanduz-Soran e Amedhi-Dohuk. Tuttavia, come abbiamo già detto, è importante essere al corrente di quanto accade nel paese, informandosi sui media (la testata locale Rudaw in questo è molto utile in quanto tradotta in inglese) e sopratutto chiedendo ai locali; il Kurdistan Iracheno è una regione relativamente sicura, ma si trova coinvolto nella guerra tra Turchia e PKK (organizzazione paramilitare pro Kurdistan Turco) che non risparmia bombardamenti in remote zone curdo irachene. Quest’anno ci sono stati casi di bombardamenti mirati nelle montagne a pochi kilometri da Amedhi e Akre, per esempio. Inoltre, come abbiamo già detto, la volatilità della zona è indiscutibile.
La sicurezza delle città e delle persone viene mantenuta grazie alla diffusa presenza di posti di blocco dell’esercito curdo, i Peshmerga. Gli stranieri vengono talvolta fermati e i documenti controllati in quanto in passato sono stati numerosi gli occidentali desiderosi di unirsi all’ISIS passati dalla Turchia all’Iraq attraverso il Kurdistan Iracheno.
La proverbiale ospitalità curda
L’ospitalità è un fattore fondamentale delle culture nomadi (questo lo abbiamo scoperto in Asia Centrale in paesi come il Tajikistan) e del medio oriente (il viaggio in Iran ci aveva preparati a questo). Viaggiatori più scafati di noi ci avevano narrato della proverbiale ospitalità del popolo curdo, ma non ci saremo mai aspettati l’accoglienza che abbiamo avuto durante questo viaggio. Sul nostro profilo Instagram ci sono diversi brevi racconti relativi al viaggio che possono spiegare di cosa sto parlando: non riusciamo nemmeno a contare i the che ci sono stati offerti, le porte delle case che ci sono state spalancate, i letti che ci sono stati offerti e le cene luculliane a cui siamo stati invitati (se la cucina di questa zona è ciò che vi interessa date un occhio qui).

Alcune di queste opportunità le abbiamo vissute grazie ai Couchsurfer che ci hanno ospitato, altre sono state sorprese del tutto casuali. Il calore umano di iracheni e curdi ci ha travolto, nonostante avessimo già in partenza delle aspettative in merito. La loro voglia di raccontare la loro cultura e le loro storie personali ci ha permesso di comprendere un po’ meglio una zona del mondo troppo spesso bistrattata e descritta attraverso luoghi comuni, spersonalizzata.
Consigli pratici
Visto per il Kurdistan Iracheno
Per la Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno non serve visto. Viene apposto un timbro Iracheno all’ingresso del paese all’aeroporto di Erbil, l’unico aeroporto internazionale.
Per l’Iraq va richiesto un visto apposito. La situazione politica attuale, anche a detta dei nostri amici iracheni, rende purtroppo sconsigliabile viaggiare nel paese per il momento.
Siate consapevoli che visitando il Kurdistan Iracheno non potrete più richiedere l’ESTA per gli Stati Uniti ma dovrete fare l’application per il visto vero e proprio.
Valuta, cambio e bancomat
La valuta locale è il dinaro iracheno (1€ = circa 1300 dinari iracheni, per la conversione istantanea cliccate qui). L’Iraq è un paese dove i pagamenti avvengono quasi esclusivamente in contanti in negozi, ristoranti e hotel. Cambiare euro o dollari contanti in valuta locale è il modo migliore di ottenere la valuta locale da spendere; di solito i banchi di cambio si trovano dentro o nei pressi del bazaar principale.
Nelle grandi città come Dohuk, Erbil e Sulaymaniyya è abbastanza facile trovare bancomat. Non tutti accettano le carte straniere, ma noi abbiamo sempre ritirato con la nostra carta di credito ricaricabile Revolut Mastercard presso la RT Bank.
Sim e telefonia
Si trovano degli stand dove vengono vendute le SIM anche all’interno dell’aeroporto di Erbil (nell’area arrivi) ma le troverete a bizzeffe anche nei bazaar. Vengono vendute in buste di carta sopra le quali è segnato il numero di telefono di modo tale che si possa scegliere il numero desiderato. Costano circa 5 € con del traffico già caricato sulla carta che è sufficiente per circa una settimana di navigazione e chiamate.
Mezzi di trasporto: come muoversi nel Kurdistan Iracheno
A Erbil non ci sono mezzi pubblici quindi ci si muove o in taxi o in autostop.
Per muoversi da una città all’altra (Erbil, Dohuk, Sulaymaniyya) il mezzo migliore è il taxi condiviso. La stazione dei taxi di Erbil si trova vicino al Family Mall. Il Taxi condiviso non ha orari, ma parte quando è pieno. Anche raggiungere luoghi come Soran (Rawanduz), Akre o Amedhi è piuttosto facile in taxi condiviso, in quanto sono cittadine. Un viaggio Erbil-Dohuk in taxi condiviso costa all’incirca 10.000 dinari iracheni, che è il prezzo accettabile di quasi ogni viaggio in taxi condiviso tra città e città.

Luoghi come Lalish o il monastero di Mar Mattai richiedono invece l’impiego di taxi privati perché si trovano fuori mano, a distanza da centri abitati.
Assicurazione sanitaria per il Kurdistan Iraqeno
Le assicurazioni sanitarie di viaggio non coprono normalmente l’Iraq, quindi va fatta molta attenzione al momento dell’acquisto. Per questo viaggio noi abbiamo utilizzato IATI Seguros, in versione “standard” (per una persona costa circa 50 € per 15 giorni).
Il periodo migliore per visitare il Kurdistan Iraqeno
I periodi migliori per viaggiare nel Kurdistan Iraqeno e godere sia delle città che delle bellissime aree di montagna sono la primavera e l’autunno.
L’estate è insopportabilmente torrida e le piazze e i parchi delle città si riempiono solo nel tardo pomeriggio, quando il sole cala e l’aria si fa più respirabile. Le notti estive sono lunghe, è davvero comune trovare gruppi di persone fuori casa alle 2 di notte, intenti a chiacchierare e a godersi le ore più fresche.
L’inverno rende inaccessibili alcune zone molto panoramiche del paese per via della neve; ebbene si, in Iraq nevica.
L’occasione migliore per visitare il Kurdistan Iracheno è la festività di Nawruz, il capodanno persiano che si svolge ogni anno il 21 marzo. In questa occasione ad Akre e ad Amedhi vengono organizzate scenografiche sfilate di torce che risalgono il crinale delle montagne sulle quali le due città sono abbarbicate. Per capire di cosa sto parlando, date uno sguardo al video qui sotto:
Il nostro itinerario
Il nostro viaggio – avvenuto tra il luglio e l’agosto 2019 ci ha portati da Erbil, la capitale del Kurdistan Iracheno, a Gaziantep in Turchia. Il viaggio si è svolto completamente via terra attraverso il posto di confine tra Iraq e Turchia di Zakho.
Vi raccontiamo le nostre tappe attraverso alcuni post, dove potete anche leggere le storie delle persone che ci hanno ospitato o che abbiamo incontrato:




Da Dohuk ci siamo diretti in Turchia verso la mozzafiato Mardin, da Mardin abbiamo raggiunto Diyarbakir (la capitale morale della regione a maggioranza curda della Turchia) e infine a Gaziantep per poi tornare in volo in Italia. Ma questa è un’altra storia che vi raccontiamo in questo post:
Storia della regione autonoma del Kurdistan Iracheno
Da dove iniziare per parlare della storia del Kurdistan Iracheno?
Il Kurdistan Iracheno Oggi
Allo stato attuale, il Kurdistan Iracheno è una regione federale autonoma dell’Iraq. L’autonomia è iniziata nel 1992 (successivamente alla Guerra del Golfo) ma la regione è stata riconosciuta costituzionalmente dal governo centrale solamente nel 2005 dopo la caduta del capo di stato Saddam Hussein per mano dell’intervento statunitense.
In realtà non sarebbe corretto chiamarlo Kurdistan Iracheno, termine attentamente evitato dal governo regionale del Kurdistan (KRG) stesso che definisce il territorio sotto il suo controllo Kurdistan-Iraq o Regione del Kurdistan. Il governo centrale iracheno chiama l’area Regione del Kurdistan nella costituzione. I curdi lo chiamano Kurdistan del sud, in quanto inteso come parte di un’entità morale che valica i confini dell’Iraq verso Turchia, Siria e Iran.
Di fatto, il Kurdistan Iracheno è quasi uno stato in quanto ha un suo governo centrale, un suo esercito (i Peshmerga), un sistema amministrativo e di tassazione, media propri e una lingua (o meglio un puzzle di dialetti curdi) utilizzata come lingua ufficiale, e contrapposta alla lingua ufficiale dell’Iraq che è l’arabo.

Il KRG governa solamente tre governatorati: Erbil, Dohuk e Sulaimaniyya. Al governo c’è una coalizione formata da Kurdistan Democratic Party (KDP) e Patriotic Union of Kurdistan (PUK) party. Ci è stato spiegato che i partiti tendenzialmente rappresentano la divisione tribale tipica della politica interna curda: il KDP e legato a stretto giro con la famiglia Barzani e le tribù curde alleate mentre il PUK (che ha la sua roccaforte a Sulaimaniyya) è legata alla figura di Talabani e ai suoi alleati. I primi hanno goduto degli aiuti militari statunitensi in chiave anti-ISIS mentre i secondi sembrerebbero essere più legati agli aiuti iraniani.
Alcune delle zone a maggioranza curda – ma ricche di minoranze e storia multietnica grazie alla presenza di Turkmeni, Caldei, Assiriani, Siriaci e Yazidi – sono considerate contese tra governo centrale iracheno e governo regionale del Kurdistan in quanto sono state sotto il controllo dell’ISIS per alcuni anni (circa dal 2014 al 2017), poi riconquistate dai Peshmerga curdi e quindi riprese dall’esercito Iracheno. Il governatorato di Kirkuk, ora sotto il controllo iracheno, è il più discusso in quanto sul suo territorio è presente una delle riserve di petrolio più grandi al mondo, fonte di introiti miliardari per i governi che la controllano, quanto di “grane” per chi abita in quelle zone.
In che rapporti è la Regione Autonoma del Kurdistan con i suoi vicini e con gli altri curdi dell’area?

La storia della questione curda più in generale
Espandere l’orizzonte ad un profilo storico e geografico più ampio può essere utile per capire come siamo arrivati a questa situazione nella regione del Kurdistan Iracheno.
I curdi nel mondo sono 35 milioni, e vengono spesso definiti la minoranza più popolosa senza uno stato. Le regioni a maggioranza curda si trovano tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. In Turchia si stima che i curdi siano circa il 20% della popolazione totale. Rispetto sia ai turchi che agli arabi, i curdi parlano una lingua diversa, indoeuropea, e dal punto di vista delle tradizioni sono molto influenzati dalla cultura persiana.

Per comprendere almeno in parte la questione curda dobbiamo ricordare che fino al non così lontano 1914 quello che oggi definiamo medio oriente era tutto territorio governato dall’impero ottomano da diversi secoli. Non c’erano stati nazione ne’ confini come li intendiamo oggi. I curdi erano riusciti a mantenere le loro tradizioni e la loro relativa autonomia data la loro posizione periferica rispetto agli interessi e lo stile di governo (caratterizzato da millet) che vigeva nell’impero ottomano.
In questo periodo l’impero ottomano – già scricchiolante – si alleò con Germania, Austria e compagnia bella durante la prima guerra mondiale. Sappiamo tutti che questi stati uscirono perdenti dal conflitto e ciò non poté che riflettersi sull’impero ottomano. Con il trattato segreto di Sykes Picot del 1916 gli stati vincitori (Francia, Gran Bretagna e Russia) si accordano su come si sarebbero spartiti i territori del quasi defunto impero ottomano, ponendo quindi le basi per i confini del medio oriente attuale. Questi sono anche gli anni del genocidio degli armeni, in cui i curdi non furono attori innocenti, ma spalleggiatori del governo centrale.
Nel 1920 l’impero ottomano ormai “alla frutta” – sfiancato da guerre esterne e moti interni – firma il trattato di Sevres. Nel trattato di Sevres l’occidente patteggia con il sultanato anche la creazione di uno stato curdo, giocando sul nazionalismo curdo allo scopo di indebolire ulteriormente l’impero ottomano. Si può dire che sia in questo momento che nasce la causa curda. Come sappiamo questo stato non diverrà mai realtà poiché nel 1922 il sultanato viene abolito e nel 1923 viene dichiarata la creazione della Repubblica Turca. Il Trattato di Losanna, firmato il 24 luglio 1923 dal governo di Mustafa Kemal Ataturk e da Regno Unito, Francia, Italia, Giappone, Grecia e Jugoslavia, ridisegna i confini della Turchia e annulla il Trattato di Sèvres.
La visione secolare di stato immaginata da Ataturk è profondamente contraria alle minoranze, e quindi anche a quella curda: tutto deve essere turchizzato, non è più permesso parlare curdo in pubblico, e la toponomastica di tutta la Turchia cambia. Amed diventa Diyarbakir.
Interventi esterni esclusi, ciò che ha da sempre minato la capacità dei curdi di rappresentarsi in maniera univoca è la forte contrapposizione tra i diversi clan e lo schema nella sezione precedente dimostra come ancora oggi questa frammentazione a livello politico renda difficile una qualsivoglia unità tra i curdi dei quattro stati dove la minoranza è maggiormente rappresentata.
Nella storia sono stati diversi i momenti in cui la minoranza curda è stata assurta agli onori della cronaca: la nascita del movimento politico (poi militarizzato) PKK nel 1978 con Ocalan, gli attentati in Turchia degli anni ’80, il genocidio di curdi per mano di Saddam e delle armi chimiche ad Halabja in Iraq, la rivolta curda del 1991 sostenuta dagli USA in Iraq allo scopo di indebolire Saddam che finì con la creazione di una no-fly zone che permise l’instaurarsi dell’autonomia curda su quella che ora è la regione autonoma del Kurdistan Iracheno. La realtà però è che la questione curda è sempre stata troppo poco rilevante per l’occidente, per esempio rispetto a quella israeliana, almeno fino alla lotta all’Isis terminata nel 2017 e durante la quale i curdi siriani e iracheni sono diventati importanti per l’occidente per sradicare il Califfato da Siria e Iraq grazie all’alleanza con gli Stati Uniti. Questo, almeno sino all’Ottobre 2019.
La questione curda è controversa e da sempre dibattuta, e non credo ci siano una soluzione chiara e condivisibile da tutti i protagonisti, o che perlomeno difficilmente possa essere immediata. Capirla però aiuta molto a comprendere le dinamiche che hanno governato la storia del il medio oriente dalla caduta dell’impero ottomano in poi.
Cosa leggere prima di un viaggio nel Kurdistan Iracheno
Lo ammetto, siamo partiti per questo viaggio molto più impreparati di quanto avremmo dovuto essere. Sapevamo di Saddam e del trattamento inumano riservato a tutti i curdi reticenti a seguire le direttive del dittatore, sapevamo della lotta a denti stretti contro le forze dello Stato Islamico, sapevamo della dualità della Regione Autonoma del Kurdistan che vede ancora i due clan principali contrapporsi nella lotta per il potere sulla zona. Questa inconsapevolezza ci ha effettivamente permesso di leggere ciò che abbiamo visto con uno sguardo pulito e senza alcuna idea pre-costruita e di approfondire poi con diverse fonti quanto avevamo interiorizzato.
Ecco quindi i nostri consigli di lettura:
- La fonte fondamentale per capire cosa sta succedendo ora nel Kurdistan iracheno è la stampa locale, sia per conoscere le istanze e le tematiche che si discutono in questa area, sia per essere al corrente di potenziali rischi per la propria sicurezza. Vi consigliamo in particolare Rudaw, che è completamente tradotto anche in inglese.
- Un’altra fenomenale fonte di news curate e super aggiornate è la App LiveUAMap, che dispone anche di una versione desktop. Attraverso la app potrete leggere le notizie relative a una zona/tema e una mappa vi aiuterà a comprendere dove si svolgono eventi rilevanti. Talvolta, non è facile capire dove stia accadendo cosa, e questa app aiuta a fare proprio questo.

- Kurdistan – La nazione invisibile di Stefano M. Torelli è una raccolta di saggi che spiega molto bene la questione curda attraverso il punto di vista trasversale di alcuni esperti e accademici. Si parla di storia, di geopolitica e anche del petrolio, croce e delizia di molti paesi del medio oriente. Pur essendo un saggio, non è affatto noioso, ed è uno dei pochi libri in italiano che approfondisce seriamente questo argomento sfaccettato e sfuggente, mettendo anche in luce i rapporti dei diversi movimenti curdi tra di loro e con gli altri stati.
- Per capire un po’ meglio il fenomeno ISIS e cosa sia accaduto a due passi da qui (Mosul si trova a soli 20 chilometri dal confine curdo) ascoltate il podcast del New York Times Caliphate. La finalista del premio Pulitzer 2019, Rukmini Callimachi, vi accompagna in un viaggio intenso dentro i meccanismi perversi e le ragioni più profonde dello spauracchio mondiale degli ultimi anni.
2 commenti
Ottimo articolo!
Qualche nota pratica in più dettata da 6 anni di esperienza di vita in Kurdistan:
1) Anche l’aeroporto di Sulimanyia è internazionale (voli per Turchia giornalieri)
2) Cambio: portare qualche decina di dollari (di stampa recente!) per le prime spese, poi cambiare al bazar Euro in dollari (per spese importanti tipo hotel) e in dinari. Il cambio Euro-USD è più conveniente che in Italia (no commissioni bancarie). Bancomat si trovano presso i Mall o i grandi hotel internazionali per prelevare con carta di credito. Carte di credito per il resto quasi inutili…
3) Internet: hotel e ristoranti hanno quasi tutti wifi gratuito (chiedere password). Si può far attivare 3G su schede telefoniche locali a costi ragionevoli, oppure acquistare “saponetta” Fastlink 4G, sempre abbastanza conveniente. Prende bene quasi ovunque, anche in molti villaggi e cittadine minori.
4) Sempre attenzione ai propri beni, ma non c’è di fatto microcriminalità! Mai sentito di un furto, un borseggio o una rapina in 6 anni!
5) Tutte le ONG raccomandano di non cedere ad eventuali questuanti: nessun rifugiato o profugo rischia la fame e cercano di disincentivare il fenomeno. Piuttosto fate una offerta a qualche Charity locale o internazionale.
Ciao Francesco,
grazie davvero per il complimento! E sopratutto per i consigli, magari li integro nel post 🙂
Il Kurdistan per noi è stato un vero coup de coeur…