Che bel mood che ha la città di Cali!
Senza il peso politico di Bogotà, quello storico di Cartagena e quello culturale di Medellin, Cali può permettersi di essere semplicemente se stessa senza dover a tutti i costi interpretare un ruolo. Questo la rende estremamente leggera e il suo fascino sta proprio in quella mancanza di “cose da vedere”.
La plaza de Cayzedo esercita su di me un’attrazione che tuttora non riesco a spiegarmi: sarà quella fitta giungla di palme da cera (uno dei simboli della colombia), le insegne vintage degli hotel di lusso o il viavai frenetico di persone o le tre cose mescolate assieme.
Il quartiere di Sant’Antonio, seppur gentrificato ad uso degli hipster bohemien e dei backpackers, conserva un’onda visceralmente colombiana, fatta di colori, cibo sencillo, caffè espresso deliziosi e birre in bottiglia con vista panoramica.
E poi subentra questa irrefrenabile voglia di ballare e di cantare, un etere musicale che attraversa tutta la città a suon di salsa, a partire dallo stravagante monumento al gruppo Niche (il leggendario complesso musicale di salsa nato a Cali) fino al mercato di Alameda dove improvvisati cantanti allietano il pranzo con le loro trasognate melodie.
Cali è una città fluida e sinuosa come una dolce canzone colombiana.